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Polizze infortuni e risarcimento civile: l’evoluzione giurisprudenziale e i riflessi anche per i professionisti sanitari

Un professionista sanitario rimane coinvolto in un incidente stradale mentre si sposta in scooter durante il fine settimana (fuori dall’orario di lavoro): un’autovettura non gli concede la precedenza, provocandone la caduta e una lesione alla spalla che richiederà mesi di fisioterapia e riabilitazione, lasciando esiti permanenti.

Dopo aver ottenuto il risarcimento dall’assicurazione del conducente responsabile, il professionista si rivolge anche alla propria compagnia assicurativa, con la quale aveva sottoscritto una polizza infortuni personale contenente una clausola di “rinuncia alla rivalsa”. Tuttavia, il liquidatore gli comunica che, avendo già percepito un indennizzo dall’altra compagnia, non gli spetta alcun ulteriore pagamento.

Il caso evidenzia una situazione frequente nel campo assicurativo: la confusione tra il risarcimento derivante da responsabilità civile e l’indennizzo previsto da una polizza infortuni, due istituti giuridici distinti che non si escludono automaticamente a vicenda e la cui corretta interpretazione dipende dalle clausole contrattuali sottoscritte.

Fino a qualche anno fa era pacifico ritenere che le due prestazioni fossero pienamente cumulabili: da un lato il risarcimento ottenuto dall’assicurazione del responsabile civile dell’incidente, dall’altro l’indennizzo previsto dalla propria polizza infortuni, soprattutto in presenza di una clausola di “rinuncia alla rivalsa”, ormai molto diffusa in questo tipo di coperture.

Tale clausola, opzionale e soggetta a un costo aggiuntivo, tutela l’assicurato escludendo la possibilità che la compagnia richieda la restituzione delle somme corrisposte a terzi in caso di sinistro provocato da sua negligenza. In questo modo, chi sottoscrive la garanzia ottiene una maggiore protezione economica, evitando di dover sostenere personalmente eventuali spese di risarcimento.

Questa soluzione poggiava su una costruzione della dottrina giuridica che contemplava nell’assicurazione infortunio una sorte di terzo tipo, intermedio tra l’assicurazione danni e l’assicurazione vita. Nell’assicurazione danni vale, infatti, da Codice civile, il principio indennitario che vieta l’arricchimento, prescrivendo il limite della ricostruzione della situazione patrimoniale precedente all’evento; questo limite non si applica, invece, nell’assicurazione vita poiché riguarda la vita umana e, nello stesso modo, si riteneva valesse anche per l’infortunio.

Tuttavia, la giurisprudenza della Cassazione (Cass S.U n.12565 del 2018) ha affermato che l’assicurazione infortunio è a tutti gli effetti un’assicurazione danni e come tale soggetta al principio indennitario: nel caso proposto, l’assicuratore si basa proprio su questo indirizzo nel negare la prestazione contrattuale infortunio al professionista, affermando che il patrimonio del danneggiato è stato ricostituito già con il risarcimento dell’investitore.

Per il professionista coinvolto, la conseguenza sembrerebbe quella di dover subire gli effetti della più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione, che ha modificato l’orientamento finora consolidato in materia.

La sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione del 2018 ha effettivamente introdotto il principio della non cumulabilità tra risarcimento civile e indennizzo assicurativo, ma ha anche precisato che tale regola non può essere applicata in modo automatico. È necessario, invece, procedere ad una valutazione giuridica della finalità della copertura assicurativa contro i danni e, in particolare, di quella per infortuni. Solo quando risarcimento e assicurazione perseguono lo stesso scopo risarcitorio si applica il principio di non cumulabilità; negli altri casi, la coesistenza delle due prestazioni resta ammissibile.

Si tratta di una valutazione complessa, dai confini interpretativi non sempre netti, ma che rappresenta oggi una possibilità concreta. Un orientamento in tal senso è stato espresso, ad esempio, dal Tribunale di Milano con la sentenza n. 2894 dell’11 aprile 2023, che ha riconosciuto la cumulabilità delle prestazioni in presenza di una polizza infortuni avente finalità previdenziali e non di ricostruzione patrimoniale, come accade nella maggior parte delle coperture di questo tipo.

In tale prospettiva, la chiave per il riconoscimento dell’indennizzo risiede nella dimostrazione che la polizza infortuni sia destinata a garantire una tutela personale di natura previdenziale, valorizzando tutti gli elementi contrattuali utili a definirne la funzione: capitale assicurato, beneficiari, struttura del contratto e modalità di stipula.

A cura di Stefano Cravero

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