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Perché è così importante controllare lo stato legittimo dell’immobile prima dell’acquisto o della locazione?

Qualche tempo fa, un imprenditore del settore sanitario, che aveva intenzione di aprire una struttura ambulatoriale nella città di Milano, mi contattò perché, dopo mesi di ricerca, aveva finalmente trovato un immobile apparentemente perfetto da acquistare per la sua futura attività.

Prima di firmare il preliminare, il cliente mi chiese una consulenza tecnica per verificare la cosiddetta “legittimità” dell’immobile, ovvero controllare la corrispondenza tra stato di fatto e documentazione disponibile. A prima vista, tutto sembrava in regola: planimetrie catastali coerenti con lo stato di fatto, impianti nuovi, locali adeguati anche dal punto di vista dell’accessibilità (barriere architettoniche) e della normativa igienico-sanitaria. Come faccio abitualmente, presentai una richiesta di accesso agli atti presso l’ufficio tecnico comunale per consultare i titoli edilizi depositati. La sorpresa fu a dir poco inaspettata. L’immobile, nonostante fosse accatastato come ufficio, risultava urbanisticamente autorizzato come cantina. Non era mai stato rilasciato alcun titolo che ne autorizzasse il cambio di destinazione d’uso.

Il precedente proprietario, anni prima, aveva ristrutturato completamente gli ambienti, realizzando tramezzature, bagni, pavimentazioni, impianti e finiture da ufficio. Aveva poi aggiornato il Catasto, dichiarando il tutto come A/10, ma non aveva mai regolarizzato nulla dal punto di vista urbanistico. In sostanza, quello che veniva venduto come “ufficio” era in realtà, nei documenti del Comune, una cantina trasformata abusivamente.

Che cosa rappresenta, quindi, lo stato legittimo di un immobile?

Con l’espressione “stato legittimo” si indica la situazione giuridico-urbanistica ed edilizia di un immobile, così come risulta approvata dai titoli abilitativi (concessioni, permessi di costruire, pratiche urbanistiche, condoni) rilasciati nel corso del tempo e dalle successive eventuali varianti. In altre parole, è la “fotografia ufficiale” di come quell’immobile può esistere e presentarsi secondo la legge.

Lo stato legittimo non è quindi semplicemente la condizione attuale di fatto dell’immobile o dell’edificio, ma piuttosto quella che deriva dall’insieme dei provvedimenti amministrativi validi e dalle norme edilizie e urbanistiche applicabili al momento della costruzione o delle successive modifiche.

Stato legittimo

È la condizione giuridicamente riconosciuta e autorizzata dell’immobile;

Si ricava dai titoli edilizi (licenze, concessioni, permessi di costruire, pratiche urbanistiche, condoni) rilasciati nel tempo e dalle relative norme urbanistiche ed edilizie vigenti al momento in cui sono stati ottenuti;

Rappresenta il riferimento ufficiale per le pubbliche amministrazioni, per le compravendite e per l’ottenimento di bonus o autorizzazioni.

Stato di fatto

È la condizione reale e materiale in cui l’immobile si trova al momento dell’osservazione;

Non dipende da documenti o autorizzazioni, ma da ciò che è stato effettivamente costruito o modificato (anche senza permessi);

Lo stato di fatto può coincidere con lo stato legittimo, ma può anche divergere se sono stati fatti lavori non autorizzati o difformi dai titoli edilizi.

Facciamo un esempio. Un appartamento che ha originariamente tre stanze e un bagno, così come risulta dal progetto approvato e successive varianti, ha come stato legittimo quella configurazione. Se nell’appartamento si è abbattuto un muro per unire due stanze senza alcun titolo edilizio, lo stato di fatto è diverso dallo stato legittimo.

Differenza sostanziale:

Stato legittimo: ciò che è riconosciuto e autorizzato dalla legge.

Stato di fatto: ciò che esiste nella realtà, indipendentemente dalla regolarità amministrativa.

Quando i due “stati” coincidono, l’immobile è in regola. Nel caso in cui vengano rilevate delle discrepanze siamo in presenza di:

– difformità lievi (es. spostamento di tramezzi interni, finestre modificate etc.);

– veri e propri abusi edilizi (es. ampliamenti, sopraelevazioni, cambi di destinazione d’uso).

Per il privato “lo stato legittimo” serve a capire se l’immobile che si possiede o si vuole acquistare è conforme e se ci sono rischi giuridici o economici (sanzioni, demolizioni, perdita di valore, accesso a bonus fiscali); per i tecnici rappresenta il punto di partenza per redigere pratiche edilizie, sanatorie o presentare nuovi progetti; per la pubblica amministrazione consente di valutare la regolarità edilizia e urbanistica e di contrastare l’abusivismo.

Il primo passo per effettuare la valutazione di un immobile è la raccolta della documentazione. I documenti più importanti sono i titoli edilizi e tra questi rientrano:
- la licenza edilizia (nei casi meno recenti), ovvero la concessione edilizia;
- il permesso di costruire;
- eventuali SCIA (DIA) o CILA presentate per opere successive;
- il certificato di agibilità;
- se sono stati presentati condoni edilizi, è fondamentale reperire la relativa documentazione, comprese le ricevute di pagamento e i provvedimenti di concessione in sanatoria.

Oltre ai titoli, bisogna recuperare anche gli elaborati grafici approvati, come planimetrie, prospetti e sezioni, per poterli confrontare con lo stato attuale dell’immobile. A supporto, si può consultare la documentazione catastale (planimetrie e visure), che però, è bene ricordarlo, non ha valore probatorio in merito alla legittimità urbanistica, ma può aiutare nel confronto con lo stato di fatto.

Completano, infine, il quadro altri documenti utili, come gli atti notarili (rogiti, successioni, donazioni), fotografie, certificati di destinazione urbanistica e, se necessario, anche planimetrie storiche o immagini aeree, specie nei casi di edifici costruiti molti anni fa.

Una volta raccolta la documentazione, si passa al rilievo dell’immobile, cioè un sopralluogo tecnico durante il quale viene verificata e “misurata” la situazione reale (disposizione interna, dimensioni, destinazioni d’uso, caratteristiche costruttive), confrontando ogni singolo dettaglio con quanto risulta dai progetti approvati e dai titoli edilizi disponibili.

Esistono situazioni particolari che richiedono un’attenzione specifica. Ad esempio, per gli immobili costruiti prima del 1967, soprattutto nei piccoli comuni dove all’epoca non esisteva un piano regolatore, potrebbe non esistere alcun titolo edilizio formale. In questi casi, la legittimità può essere dimostrata attraverso documenti alternativi, come fotografie storiche, atti notarili, planimetrie catastali ante 1939 o anche dichiarazioni sostitutive di atto notorio.

Un’altra situazione particolare riguarda gli immobili sottoposti a vincoli paesaggistici, ambientali o sismici. In questi casi, oltre ai titoli edilizi classici, è necessario verificare la presenza delle relative autorizzazioni rilasciate dagli enti preposti.

Verificare lo stato legittimo di un immobile non è una formalità, ma un’operazione complessa e fondamentale per garantire la regolarità giuridica e tecnica dell’immobile. Richiede competenze tecniche specifiche e un’approfondita conoscenza della normativa edilizia e urbanistica, oltre che la capacità di interpretare correttamente i documenti disponibili. Solo così è possibile tutelare il valore dell’immobile e prevenire problemi di natura legale e/o economica nel tempo.

Per un immobile destinato a ospitare una struttura sanitaria, inoltre, l’autorizzazione all’esercizio dell’attività richiede un percorso amministrativo articolato, in cui le norme da rispettare si moltiplicano e provengono da diversi livelli istituzionali: senza il necessario approccio integrato e un’attenta programmazione, il rischio è di trovarsi di fronte a lungaggini burocratiche o, nel caso peggiore, all’impossibilità di utilizzare l’immobile per la funzione desiderata.

A cura di Fabio Rossi, Architetto e Direttore Tecnico presso AT Associati.

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